La prima mimosa

Oggi ho ricevuto una mimosa e mi ha fatto piacere. È la prima volta che succede.

Sono uscita di casa per recarmi al lavoro con un leggero sottofondo di irritazione, pronta a piccoli atti per me fastidiosi. Tipo sentirsi fare gli auguri oggi: non sento un “auguri” come al compleanno, anche perché quella di oggi non è una festa. Sento piuttosto un’esclamazione ironica: ah pensate che oggi guardando gli uomini dall’alto al basso con un sorrisino sprezzante otterrete la parità salariale? Auguri! Ah pensate che oggi rifiutandovi di fare una lavatrice e dicendolo entusiaste in piazza otterrete che venga allungato il congedo di paternità in modo che sia pari a quello di maternità e un datore di lavoro non possa più vedere un beneficio nell’assumere un uomo invece di una donna? Auguri!

Quindi sono entrata in ufficio sperando con tutta me stessa che nessuno dei miei colleghi avesse comprato una mimosa. E invece un piccolo rametto è atterrato sulla mia scrivania mentre accendevo il computer.

Pronta a fare l’antipatica mi sono voltata e mi sono trovata di fronte il volto sorridente di una mia collega. Dal giardino di casa sua aveva conservato nel palmo della mano per un’ora di pendolarismo e sotto la pioggia una manciata di profumati pompon gialli per darli alle sue colleghe.

Dentro a quei fiori allora sì che ci ho sentito quello che dev’essere detto oggi. Non “auguri”, ma “non sei sola”. Non “buona festa della donna”, ma “buona lotta, insieme la possiamo vincere”.

Lascia un commento